di Marco Bersani

Figure mitologiche antichissime, i draghi da sempre incutono timore, sia che simboleggino la saggezza e la nobiltà come nelle culture orientali, sia che rappresentino i divoratori del mondo come nelle culture occidentali.

Non sorprende dunque che anche il contemporaneo Mario Draghi faccia riemergere un timore ancestrale, paradossalmente espresso dalla schiera dei suoi adulatori: come spiegare altrimenti le costanti sottolineature del lato umano della persona “che ha avuto un attimo di commozione al momento dell’incarico” o “che al liceo passava i compiti ai compagni”?

Lo stesso meccanismo si riproduce intorno al dilemma su che farà Draghi da capo del governo. Non dovrebbe essere difficile immaginarlo, dato il curriculum del “nostro” e una lineare carriera al servizio dell’espansione dei mercati finanziari nella società; invece, anche qui, assistiamo alla spasmodica ricerca del dettaglio di discontinuità, tra chi sottolinea la laurea di gioventù con Federico Caffè e chi, improvvisandosi archeologo, rintraccia la riga del tal articolo, da cui traspare un’attenzione al destino dei poveri.

Per capire cosa ci aspetta, può essere utile rifarsi all’ultimo rapporto -dicembre 2020- del “Gruppo dei Trenta”, organizzazione privata formata da importanti economisti e finanzieri internazionali, tra i quali Mario Draghi.

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Marco Bersani
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