Il Fatto Quotidiano – 17 agosto – Giorgio Ferrari
Oltre all articolo di Giorgio Ferrari, segnaliamo sul piccolo schermo il report di Luca Steinmann – Dentro l’impianto di Zaporizhzhia – nel tg7 del 16 /08/2022 delle ore 20, al di là del commento del giornalista del tg7.
La guerra parallela che si combatte a Zaporizka
Lo scorso 11 agosto il Consiglio di sicurezza ONU, appositamente richiesto dalla Russia, si è occupato della situazione presente nella centrale nucleare di Zaporizka. Si è trattato di un dialogo tra sordi, dato che i partecipanti (Russia, USA, Cina, Ukraina, Gran Bretagna e alcuni paesi minori) si sono limitati a ribadire le loro posizioni: la Russia denunciando i bombardamenti delle infrastrutture della centrale da parte dell’Ukraina che, a sua volta, addebita alla Russia questi atti, richiedendo il ritiro delle truppe russe dall’impianto, in ciò sostenuta da tutti gli altri partecipanti, esclusa la Cina.
Nell’intervento più atteso, quello del direttore dell’IAEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica), Raphael Grossi ha ribadito le posizioni dell’Agenzia (monito alle parti in causa ad astenersi da qualsiasi atto di guerra che coinvolga l’impianto) sollecitando tutti ad appoggiare la sua richiesta di effettuare una ispezione a Zaporizka. Su questo ultimo aspetto tutti i partecipanti, apparentemente, si sono dichiarati concordi, tanto che Grossi ha tenuto a rimarcarlo come unico ma importantissimo “denominatore comune”. In realtà le cose sono più complicate perché mentre l’intenzione di Grossi è quella di svolgere comunque l’ispezione (cioè a prescindere dalla presenza o meno dei russi), l’atteggiamento degli altri – non esplicitato formalmente durante la riunione – è quello di subordinarla al ritiro delle truppe russe dall’impianto.
Questa posizione risponde più a criteri di orientamento politico che di sicurezza e lo dimostra il fatto che la seduta dell’11 agosto all’ONU è stata “inchiavardata” da due pesanti comunicati: il primo (10 agosto) ad opera dei ministri degli esteri dei paesi del G7; il secondo (12 Agosto) a nome di 42 paesi (Unione europea, USA, Canada, Australia ed altri) dove si lascia intendere chiaramente che il ritiro delle truppe russe è la precondizione allo svolgimento dell’ispezione IAEA che, a questo punto, non è affatto scontata. Parallelamente la campagna mediatica sulla sicurezza dei siti nucleari ukraini prosegue senza indugio nell’addebitare ai russi ogni sorta di sconsideratezza. Fin da quando le truppe russe occuparono il sito di Chernobil (febbraio 2022) e poi ai primi di marzo anche la centrale di Zaporizka, il messaggio recapitato all’opinione pubblica dalla stragrande maggioranza dei media, fu che i russi stavano mettendo in atto una forma di deterrenza terroristica avente per oggetto la distruzione o il danneggiamento di siti nucleari (si arrivò persino ad ipotizzare che i russi avrebbero invaso l’Ukraina attraversando l’area contaminata di Chernobil!). A nessuno venne in mente di prendere in considerazione l’ipotesi che l’occupazione di Chernobil e Zaporizka avesse uno scopo non distruttivo, ma protettivo, forse per la consumata abitudine, tutta occidentale, di considerare i russi gente spietata e senza scrupoli. Eppure se c’è un avvenimento nella storia russa recente che evoca angoscia e sensi di colpa in ogni membro della società, ivi compresa la classe dirigente vecchia e nuova, è proprio Chernobil a seguito del quale, peraltro, persero la vita migliaia e migliaia di russi – i liquidatori- accorsi volontariamente, insieme ad altri, per tentare di riparare ai danni.
L’occupazione di Chernobil, dunque, ha sempre avuto, verosimilmente, lo scopo di proteggere il sito da azioni di sabotaggio e/o di tentativi di uso “improprio” (come la fabbricazione di una bomba sporca) del materiale radioattivo presente a Chernobil, ad opera di formazioni paramilitari ukraine, aspetto questo che fu indicato come motivo di preoccupazione dallo stesso Putin nel discorso rivolto alla nazione il 21 febbraio 2022. Nel caso della Centrale di Zaporizka, l’occupazione russa aveva ed ha un ulteriore scopo oltre quello di proteggere l’impianto da eventuali sabotaggi e precisamente quello di impedire che venga interrotta l’alimentazione elettrica alla regione del Donbass e alla Crimea.
Perchè dunque distruggerla? Perchè bombardarla proprio ora dopo cinque mesi di occupazione, per di più in presenza di personale civile e militare russo nella centrale? Comunque finisca questa guerra si può essere certi che il funzionamento della centrale di Zaporizka farà parte dei negoziati per il semplice motivo che i russi hanno assoluto bisogno che questo impianto continui a funzionare per alimentare la regione del Donbass, ma più ancora la Crimea. E’ da circa tre mesi infatti che la rete elettrica ukraina si è interconnessa con quella europea, distaccandosi da quella russa e se per i russi sarà relativamente facile ripristinare i collegamenti elettrici con il Donbass, altrettanto non si può dire per la Crimea. Dunque se c’è qualcuno interessato a mantenere integra la centrale di Zaporizka, questi sono proprio i russi, mentre per gli ukraini vale il contrario, tant’è che si susseguono gli attentati alle linee elettriche e gli attacchi – denunciati dai russi – alla diga della centrale idroelettrica di Kakhovka che, se venisse danneggiata, impedirebbe il funzionamento di Zaporizka.
D’altra parte l’Ukraina non è quel paese ideale che viene dipinto dagli organi di informazione dove si governa secondo gli standard di trasparenza e sicurezza occidentali. C’è corruzione politica e amministrativa e c’è, specificatamente in campo nucleare, incertezza nell’applicazione e nel rispetto delle regole che riguardano la sicurezza.
Nel 2014 proprio la Centrale di Zaporizka fu oggetto di un tentativo di assalto da parte di un gruppo armato facente capo al movimento nazista Pravi Sector e nel 2021 un rapporto della OECD ha messo in luce la diffusa corruzione esistente in tutto il settore dell’energia, ivi compreso quello nucleare. Ancora più preoccupante la situazione della “security” nucleare in Ukraina, cioè del controllo fisico delle apparecchiature e materiali nucleari che secondo un rapporto redatto nel 2021 dalla DSA (Autorità di sicurezza nucleare della Norvegia) ha registrato 37 denunce alla IAEA di traffico illecito di materiali radioattivi per il 2017, 26 denunce nel 2018, 35 denunce nel 2019 e 19 denunce nel 2020. Forse le preoccupazioni russe, al di là della propaganda di Putin, sulla possibilità di impiego di materiale radioattivo a fini terroristici non sono così infondate. Oppure certe preoccupazioni valgono solo se ad esternarle è un paese occidentale aderente alla NATO?
A Zaporizka si sta, ancora una volta, subordinando la sicurezza nucleare a fini politici secondo la logica del doppio standard con la replicazione, a parti rovesciate, di ciò che accadde in Iraq nel 2002: in quell’occasione i paesi occidentali imposero le ispezioni ai siti nucleari iraqeni sulla base della tesi precostituita (risultata poi falsa) delle armi di distruzione di massa di Saddam; in Ukraina gli stessi paesi non vogliono l’ispezione a Zaporizka per evitare che questa finisca per scagionare la Russia dalla tesi precostituita di voler provocare una catastrofe nucleare.
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