GKN si prende Firenze

Copiamo, in calce, un bellissimo articolo di Checchino Antonini pubblicato il 18 settembre su Popoff Quotidiano. Qui due stralci.  Salvetti, di cui si riportano, a più riprese, parole, interventi, è il delegato Fiom alla Gkn.

«…. Che strano cortocircuito – osserva Salvetti – noi siamo internazionalisti e difendiamo i territori, loro sono nazionalisti e leghisti eppure sono d’accordo che un fondo finanziario arrivi e delocalizzi perché in fondo sono internazionalisti anche loro solo che noi siamo dell’Internazionale del lavoro, loro dell’internazionale della finanza da cui prendono gli ordini e da cui prende gli ordini Draghi. Per questo Insorgiamo….».
«… Poi la strana carovana istituzionale che viene a dirci di non avere strumenti, ma a che cazzo servite?», esclama. «E non ci si venga a dire che questa è l’economia. L’economia è la scuola di mio figlio, il mio mutuo, l’autobus che prende è l’economia, noi siamo l’economia. Voi, esattamente, chi cazzo siete? Perché non producete? Distruggete fabbriche e posti di lavoro, siete una classe dirigente che non ha più diritto di rovinare le nostre vite». …

Assolutamente da leggere, una lezione di dignità e una lucida lettura della forte pressione alla mediazione al ribasso esercitata dalla finanza e dalle istituzioni.


Firenze, è il giorno del corteo nazionale indetto dal Collettivo di Fabbrica Gkn contro i licenziamenti

Firenze: per la vertenza Gkn è il giorno della presa dei viali, dell’arteria che regola una viabilità difficile. Per trovare un precedente bisogna riavvolgere il nastro fino al 2002, novembre. Il primo social forum europeo portò forse mezzo milione di persone a manifestare contro la guerra. Anche oggi, in una fase storica totalmente diversa, la parola d’ordine è difficilissima – insorgiamo – ma è l’unica possibile. Il Collettivo di Fabbrica l’ha lanciata il 24 luglio, il primo sabato della rabbia operaia, ribaltando le domande che venivano poste dai solidali e anche dalla stampa: «Quando venite qua ci chiedete sempre come stiamo. E voi come state? Troviamo la lucidità di rimandarvi la domanda. Noi fino al 22 settembre sappiamo che abbiamo uno stipendio però sappiamo che molti di coloro che ci chiedono come state stanno messi peggio di noi perché magari non lo dicono ma hanno un contratto precario che sta per scadere, e il cronista che mi intervista è pagato 5 euro a pezzo – aveva detto Dario Salvetti, delegato Fiom alla Gkn, al termine della manifestazione – quanto siete disposti ad accettare tutto questo? Questo, nel nostro caso, è stato il licenziamento in tronco, per altri è scadenza del contratto, o come alla Texprint licenziamento con mazzate. Cosa farete? Ribalto la domanda: dove volente andare? Vuol dire che un’azienda guarda negli occhi un governo ma non sposta i rapporti di forza, per questo vi chiediamo dove volete andare e quanta benzina avete voi. Quando il governo continuerà a scappare ci sarà benzina per autorganizzarsi o per fare quello che stiamo facendo noi nel vostro luogo di lavoro?».

Gkn è diventata un laboratorio politico e un caso nazionale dentro una lunga serie di licenziamenti, delocalizzazioni e abusi padronali. L’ultimo in ordine di tempo lo segnaliamo perché sembra un salto di qualità nella repressione: finora i fogli di via, frutto della legislazione fascista del 1931, erano stati usati contro i militanti solidali con la lotta operaia. Invece a Trucuzzano, due giorni fa, sono stati emessi dalla questura di Milano contro i lavoratori licenziati dalla Unes, ai quali si impedisce di protestare contro il proprio licenziamento.

E’ una variante di quello che Salvetti ha chiamato “licenziamento con mazzate”, la sorte che è toccata ai lavoratori Texprint di Prato a una manciata di km da Campi Bisenzio, dalla Gkn. Le altre varianti sono la precarietà a vita dei contrattini che, per l’85%, stanno trainando il rimbalzo produttivo e, naturalmente lo sblocco dei licenziamenti firmato il 29 giugno anche dalla burocrazia di Cgil, Cisl e Uil. Gkn è uno snodo importante è una fabbrica con commesse e macchinari nuovi. Perché è una fabbrica con un grado importante di sindacalizzazione e organizzazione interna. Lì, ad esempio, un accordo aveva imposto l’articolo 18 nella versione pre-Fornero. «Se sfondano qua, quindi, sfondano dappertutto», avverte un comunicato del Collettivo di Fabbrica, anima del corteo di oggi.

L’altro ieri, parlando a Bologna ai delegati Fiom, ancora Salvetti ha ricordato di aver visto, in fabbrica, uno degli ultimi pezzi prodotti. La data, le 5.59 del 9 luglio. Quel suo collega non sapeva che dalle 6 di mattina il suo mondo sarebbe cambiato. Stava arrivando la mail.

«Le corse, le pause, il tempo-ciclo, il tempo.macchina, lo scorrimento mensa non contavano più nulla. La fabbrica è ferma, i macchinari pronti a essere svenduti o distrutti. Sono loro, i padroni, l’enorme spreco, l’inefficienza», ha spiegato il combattivo delegato riepilogando i tre anni che hanno preceduto il licenziamento via mail da parte di Melrose, il fondo finanziario che «produce ristrutturazioni e licenziamenti e ci guadagna su».

I primi scioperi contro le prime esternalizzazioni dei volumi del Ducato sono del 2018. Fruttarono un accordo «in cui dicevano che prima di esternalizzare ce lo avrebbero detto con largo anticipo ma nel 2019 lo hanno violato, il giudice ci dà ragione ma non fa nessuna sanzione e poi la primavera del 2019 e dicono che non possono più assumere però si rivolgono ai “somministrati” di un’agenzia interinale. Quando hanno introdotto lo staff-leasing abbiamo capito che la fabbrica non aveva più futuro».

Dopo un anno nuovo sciopero e altro accordo sulla tenuta occupazionale, poi il covid e ancora sciopero: «perché improvvisamente eravamo essenziali, non potevamo stare a casa, sapevamo però che saremmo ridiventati esuberi, e appena in lockdown un whatsapp manda a casa i lavoratori precari. Quello che hanno fatto a loro sarebbe accaduto anche a noi – ricorda ancora –  al rientro in fabbrica nel luglio 2020 gli scioperi articolati per una settimana perché il magazzino stava crescendo troppo rapidamente, e la cosa ci puzzava ma arriva la firma di un altro accordo che conferma gli accordi precedenti e che, se eventualmente non fosse stato così, ce lo avrebbero detto con largo anticipo. Una storia che si ripete e nemmeno stavolta ci sarà una sanzione. Poi, l’azienda ha mostrato le slide promettendo il Ducato elettrico nel 2023…  Vi racconto questa storia per dire questo – ha detto Salvetti ai suoi compagni delegati Fiom di tutta Italia – noi siamo trasparenti, puliti, e le nostre decisioni passano da assemblee con i lavoratori… loro no: Bonomi sa di avere l’impunità totale. Bonomi rivendica di potersi arricchire impoverendoci».

Salvetti è lucidissimo su quanto sta accadendo attorno alla fabbrica, la solidarietà della città e le prese di posizione istituzionali e l’attenzione dei media: «Tutti dicono che non devi chiudere ma ti lasciano solo e ti lasciano lì, ad ammalarti di paura e la paura ti piega e cominci ad accettare questa mediazione al ribasso. Noi non ci ammaleremo di paura, loro devono tornare ad avere paura e devono smettere di considerarsi impuniti».

Chi lavora in Gkn sa bene anche che le parole, in bocca all’avversario di classe, hanno un altro significato: se per reindustrializzazione gli operai intendono che bisogna ridare un futuro a quello stabilimento, i padroni intendono invece che vogliono svuotarlo e lasciare i lavoratori «ad attendere il cavaliere bianco che non arriva mai come è successo in decine e decine di vertenze». E quando dicono nazionalizzazione, loro intendono l’ennesima operazione a perdere in cui lo stato ripiana i debiti e le perdite di chi ha distrutto quel territorio. E quando parlano di un decreto legge antidelocalizzazioni intendono un decreto che, «semplicemente proceduralizza quelle delocalizzazioni, perché è questo quello che stanno discutendo e Bonomi lo considera eccessivamente vincolante». Tutto calcolato: chiude la fabbrica, tutti dicono che non si chiude ma nel frattempo non accade nulla di concreto e finisce che un giorno queste persone se la voteranno da soli la chiusura della fabbrica. Il delitto perfetto. Il governo vuole solo riscrivere quella mail, diminuirne l’impatto sociale, ma non è un problema di come sono stati licenziati: quella mail i lavoratori vogliono rimandarla al mittente «per noi e tutti quelli che sono nella stessa condizione».

«Che strano cortocircuito – osserva Salvetti – noi siamo internazionalisti e difendiamo i territori, loro sono nazionalisti e leghisti eppure sono d’accordo che un fondo finanziario arrivi e delocalizzi perché in fondo sono internazionalisti anche loro solo che noi siamo dell’Internazionale del lavoro, loro all’internazionale della finanza da cui prendono gli ordini e da cui prende gli ordini Draghi. Per questo Insorgiamo».

Già, “insorgiamo”, una parola d’ordine universalistica al posto di uno slogan come “la Gkn non si tocca” «che non sarebbe stato compreso da quel milione di persone che silenziosamente hanno perso il lavoro durante la pandemia o da chi il lavoro lo sta ritrovando in questo periodo. Non solo blocco dei licenziamenti ma c’è il tema del rimbalzo produttivo fatto all’85% da contratti precari per cui il tema non è solo di chi perde il lavoro ma di chi non ha più nemmeno diritto di essere licenziato perché è un precario a vita e non c’è Mise, non c’è tavolo o trattativa. Tu scadi punto e basta. Insorgiamo perché ci siamo resi conto che quella mail è stata costruita in trent’anni di arretramento dei diritti del lavoro, ed è un altro segnale del disimpegno di Stellantis, perché Gkn prima era Fiat Novoli uno stabilimento di prossimità per Fiat Italia».

«Insorgiamo perché vogliamo incontrare tutte le altre vertenze», insiste riepilogando i passaggi di una lotta che dallo sciopero generale provinciale del 19 luglio è proseguita con una manifestazione nazionale il 24 luglio e poi l’11 agosto, anniversario della Liberazione di Firenze, fino a uscire dalla città per un tour di assemblee a Roma, Torino, Genova, Napoli, Milano ecc… fino ai viali di oggi. «Un’altra vertenza è possibile solo se cambia il mondo intorno a noi, quei viali non sono nostri ma un inizio anticipato dell’autunno per tutte le vertenze». Intanto, al presidio di fabbrica è stata scritta e discussa una bozza di legge antidelocalizzazioni «per impedire che venga scritta una legge sopra le nostre teste», mentre si garantisce la manutenzione dell’impianto si studiano progetti di riconversione.

«Poi la strana carovana istituzionale che viene a dirci di non avere strumenti, ma a che cazzo servite?», esclama. «E non ci si venga a dire che questa è l’economia. L’economia è la scuola di mio figlio, il mio mutuo, l’autobus che prende è l’economia, noi siamo l’economia. Voi, esattamente, chi cazzo siete? Perché non producete? Distruggete fabbriche e posti di lavoro, siete una classe dirigente che non ha più diritto di rovinare le nostre vite». E sul Green pass taglia corto: «Il vero dualismo è tra chi sfrutta e chi è sfruttato».

Fin dall’inizio il Collettivo di Fabbrica ha chiarito che non userà questa lotta per operazioni di piccolo cabotaggio, ma per cessare di essere minoritari: «non serve un volantino per chiedere la nazionalizzazione e chiedere le dimissioni di questo o quello, ma sviluppare questa lotta trasformandola in una leva per cambiare i rapporti di forza nel Paese. Difficilissimo quasi impossibile. Lo sappiamo. Se tutti proviamo ad allargare questo processo forse vinceremo». Sviluppare rapporti di forza, questo chiede la Gkn in lotta. «Il villaggio di Obelix c’è già, c’è una Gallia da riconquistare, bisogna andare a Roma…».