Inviamo i link all’intervista fatta da Patrizia Cecconi a Samir AlQaryouti alla vigilia delle elezioni legislative e presidenziali che avranno luogo in Palestina dopo molti anni dalla scadenza dei precedenti mandati. L’intervista è divisa in due parti.

Palestina, che disastro! Intervista a Samir Al Qaryouti (prima parte)

PRIMA PARTE: http://www.pressenza.net/?l=it&track=2021/04/palestina-che-disastro-intervista-a-samir-al-qaryouti-prima-parte/
SECONDA PARTE: https://www.pressenza.com/it/2021/04/palestina-che-disastro-intervista-a-samir-al-qaryouti-seconda-parte/
Qui sotto la prima parte

Invitiamo caldamente a seguire entrambe le parti dell’intensa intervista : un filo che si snoda nel tempo e nello spazio, tra le molteplici condizioni di vita dei palestinesi; un viaggio tra le varie istituzioni  e le regole interne che danno forma alla politica,  atti, funzioni sempre di più coordinate con Israele. Un’esplorazione in un mondo vasto, quello del cosiddetto “Popolo Palestinese” che ci sembra di poter afferrare per la prima volta –  per chi non lo conosce – nella sua molteplice varietà e nelle diverse condizioni di vita, ingiustizia, sofferenze. 

Palestina, che disastro! Intervista a Samir Al Qaryouti (prima parte)

di Patrizia Cecconi
4 aprile 2021

La Palestina si avvia alle elezioni legislative e presidenziali dopo molti anni dalla scadenza dei precedenti mandati. Per avere un quadro della situazione ci siamo rivolti a uno degli osservatori più accreditati in quanto profondo conoscitore delle questioni legate al mondo arabo in genere e a quello palestinese in particolare, il giornalista Samir Al Qaryouti, opinionista per Al Jazeera e altri canali tv di vari paesi arabi, nonché corrispondente di FranceTv ed altre testate europee.
Samir è vissuto a Ramallah fino a 18 anni, poi è venuto a studiare in Italia laureandosi all’Università di Bologna. Attualmente vive a Roma e la sua voce è una delle più autorevoli oltre che delle più libere e spesso scomode, e per questo la sua intervista potrà riuscire “fastidiosa”, come lo sono in fondo tutte le voci fuori dal coro.

Caro dr. Samir, sappiamo che la tua voce ha forte eco non solo nella Comunità palestinese (di cui sei anche stato presidente) ma in ambito ben più vasto e per questo ci piacerebbe avere una tua opinione circa l’attuale situazione interna della Palestina dal punto di vista politico e sociale.

L’attuale Palestina è il risultato degli accordi di Oslo. Nel 1994 è stata fondata l’Autorità nazionale palestinese (Anp) proprio in seguito a quegli accordi. Doveva essere una fase preliminare di durata quinquennale per arrivare alla soluzione di ogni problema, dal ritiro di tutte le truppe di occupazione su tutto il territorio dell’Anp, alla liberazione dei prigionieri politici, a Gerusalemme est capitale. Oggi siamo a 27 anni dalla costituzione dell’Anp e la situazione è molto grave e molto peggiorata da allora sia a Gaza che in Cisgiordania.
Israele è rimasta la forza di occupazione che esercita l’effettiva sovranità sulla terra palestinese occupata, mentre l’Anp è diventata il fornitore di servizi pubblici per gli abitanti palestinesi, ma in fondo neanche questo è corretto perché in realtà l’unica istituzione che ha resistito e seguitato a fornire servizi in tutto questo macello di confusione e di tragici errori è il municipio. Ne è una prova il comune (o municipio) di Ramallah che ha celebrato poco tempo fa i 100 anni dalla sua costituzione ed i suoi rappresentanti, compreso il sindaco sono sempre stati eletti secondo le vecchie leggi. Il sistema municipale palestinese ha sempre svolto il suo lavoro anche sotto l’occupazione dal 1967 in poi.
L’Anp non ha introdotto nuove leggi e il sistema ha continuato ad andare avanti con le sue regole comprese quelle per l’elezione delle amministrazioni municipali. Mentre il cosiddetto governo locale rappresenta un ministero all’Anp che coordina con Israele la maggior parte degli atti e delle varie funzioni , i municipi continuano a fare il loro lavoro, gestire la contabilità, i consumi di acqua, di elettricità e così via insieme allo svolgimento di compiti del servizio civile che è rimasto vivo come prima della costituzione dell’Anp.
Neanche nel campo della giustizia civile ci sono stati cambiamenti. Per esempio i matrimoni e i divorzi di cittadini cristiani sono gestiti dalle chiese cristiane, sia ortodosse che cattoliche o protestanti, e quelli musulmani sono regolati dalla legge musulmana della sharia ovvero dai tribunali islamici di legislazione religiosa che si occupano appunto di matrimoni, divorzi, eredità e tutte le questioni civili. Quindi l’Anp non ha portato a nessun cambiamento perché tutti i tribunali civili e penali funzionano ancora o secondo le leggi dell’impero Ottomano o secondo quelle del governo giordano quando la Cisgiordania era sotto il suo regno e, per la Striscia di Gaza, secondo le leggi egiziane del periodo in cui Gaza era sotto il governo egiziano.
Parlo di questi dettagli perché mi hai chiesto della situazione interna della Palestina e queste sono cose essenziali nella vita quotidiana, riguardano ogni persona in senso reale e non nella realtà immaginaria raccontata sui vari whatsapp dove tutto è “oh che bello” oppure, grande, eroico e in definitiva solo fantasioso. Sono questioni che riguardano non solo la vita di chi è dentro ma anche quella dei palestinesi della diaspora, che magari hanno cittadinanza italiana ma che hanno la famiglia d’origine in Palestina. Nel momento in cui hanno a che fare con situazioni che riguardano la loro famiglia, come questioni di figli o di eredità, o di case confiscate si trovano di fronte questa realtà che è pessima.
Per quanto riguarda l’economia e il lavoro siamo pure in una situazione molto grave, nel senso che con l’arrivo dell’Anp c’è stata una specie di inflazione totale nell’impiego pubblico: decine di migliaia di cittadini sono diventati impiegati e funzionari dell’Autorità nazionale palestinese, infatti se vai in un ministero, per esempio della cultura, o dei lavori pubblici ecc. trovi tutti impiegati il cui grado medio è direttore, direttore di questo e di quello ed uno stipendio che rappresenta la fidelizzazione all’Anp. Stipendi che dipendono dai doni e dai finanziamenti della comunità internazionale, ma anche dalle decisioni dell’apparato di sicurezza israeliana che rappresenta l’autentico apparato che governa i Territori palestinesi. Non parlo della polizia o dell’esercito, ma degli apparati che governano realmente. Questa situazione va avanti da molti anni ma non aiuta il progresso nella società palestinese.

Tolto questo esercito di impiegati il cui lavoro se ho ben capito è prevalentemente di facciata,
cosa rimane come lavoro?

Rimane l’agricoltura e alcune fabbriche del settore privato che resistono malgrado la loro debolezza. Prima esisteva un sistema bancario molto forte, sia in Cisgiordania che a Gaza, ma con l’arrivo dell’Anp abbiamo visto che tutto, per esempio il ministero dell’economia, l’apparato investimenti dell’Anp, tutto è diretto dal presidente o dall’ufficio del presidente o dal rappresentante del presidente. Il governo nella sua interezza si riunisce solo una volta ogni tanto, fa qualche dichiarazione, punto e basta.
Questa è la realtà che ci porta a chiederci quanto può reggere una situazione così debole, sapendo che la borghesia e gli imprenditori più ricchi si son tutti chinati al potere che governa, come succede ovunque, e così è cresciuto un sistema di corruzione, uno dei peggiori al mondo.
Questo è quel che esiste adesso in Palestina. Magari le mie parole saranno dure, ma io sono obbligato a dire le cose come stanno cara amica e cari sostenitori della causa palestinese, e a me interessa essere ascoltato soprattutto dai sostenitori della causa palestinese e non solo in Italia ma in ogni parte del mondo. Mi interessano le comunità degli arabi, dei palestinesi in particolare, dei paesi europei, africani, asiatici, di tutti quelli che guardano alla Palestina come la causa più giusta. E lo è ed io lotto perché lo è e perché continui ad esserlo finché venga risolta giustamente, perché questa causa è la mia causa e la ritengo la più giusta della storia umana al momento. Mi rivolgo a tutti voi perché capiate che i palestinesi sono in condizioni veramente drammatiche, non solo ma anche per colpa di questa Autorità nazionale palestinese.

La situazione che descrivi è molto amara. Riguarda solo la Cisgiordania o anche Gaza che
ormai da molti anni è percepita da molti come una realtà separata?

Per quanto riguarda l’ambiente Hamas e Gaza, vediamo che tutti i portavoce dell’Anp usano l’espressione “dopo il colpo di stato di Hamas del 2007”. Io non sono d’accordo con questa terminologia. Ma quale colpo di Stato? Hamas ha vinto le elezioni, poi è successo quel che è successo e qualcuno voleva cancellare Hamas, per volontà e in accordo con gli israeliani. Non ci sono riusciti e siamo arrivati a questa situazione, dove i problemi già esistenti sono aumentati con l’assedio israeliano e con il cambiamento politico in Egitto.
Nel 2011 sembrava che qualche miglioramento per Gaza sarebbe arrivato dopo il crollo del regime di Mubarak, ma al cambio del regime egiziano ogni illusione si è spenta. Tutto è nelle mani dei servizi segreti.
Tenete presenti le comunicazioni pubbliche che vengono date, ad esempio quando una delegazione palestinese va in Egitto. È consuetudine in quel caso ascoltare comunicazioni come: “una delegazione palestinese si è recata in Egitto e la riunione si è svolta sotto la guida del capo dei servizi segreti egiziani per risolvere il problema tra Fatah e Hamas”, o “il capo dei servizi segreti egiziani arrivato a Gaza è andato direttamente a Tel Aviv a parlare ecc ecc.”. Non si può assistere impassibili a queste comunicazioni, ma purtroppo questi sono gli obblighi di Oslo. Quegli accordi stipulati, incoraggiati, voluti dallo stesso Abu Mazen anche se condotti dall’allora presidente Arafat, contengono tanti di quegli elementi , sconosciuti ai più, che danno a Israele la forza di dettare legge su tutto, anche sull’aria che entra a Gaza o in Cisgiordania c’è il controllo di Israele.

SECONDA PARTE: https://www.pressenza.com/it/2021/04/palestina-che-disastro-intervista-a-samir-al-qaryouti-seconda-parte/